INTERVISTA A JENNY GALJenny Gal (classe 1969) è judoka nota alle nostre latitudini. Attualmente è attiva nel Canton Argovia dove collabora con la selezione regionale. Facilmente la si ritrova ai tornei ranking a seguire qualche giovane combattente in formazione. Domenica 29 settembre era al dojo del DYK Chiasso ad accompagnare il marito che teneva delle lezioni speciali; ne abbiamo approfittato per intervistarla. Nella sua carriera agonistica Jenny ha partecipato a tre olimpiadi classificandosi terza ad Atlanta (1996) e quinta a Sydney (2000). È stata vicecampionessa del mondo e campionessa d'Europa nel 1995 a -61 kg. Una vita dedicata al judo quale agonista in giuventù e quale formatrice ed allenatrice a seguire. Come hai iniziato a praticare judo ? Ho iniziato a praticare il judo su consiglio di un’amica di mia mamma. Avevo 7 anni ed ero molto timida e il judo era uno sport che non mi costringeva al contatto con altri bambini. Mi è subito piaciuto e dopo circa 1 anno ho iniziato a frequentare due allenamenti settimanali e a partecipare a qualche piccola competizione. In gara non avevo molto successo. I bambini del mio peso erano più esperti e probabilmente avevano anche una migliore proporzione forza/peso. La prima medaglia che ho vinto (una medaglia d’argento) è stata in una gara a squadre. Ho perso tutti i miei incontri. Di quella gara mi è rimasto impresso un episodio particolare un bambino incastrò il pollice in un apparecchio distributore, per liberarlo fu necessario far intervenire i vigili del fuoco. Per quali nazioni e in quanti paesi hai avuto modo di praticare ? Ho combattuto per la nazionale olandese e negli ultimi tre anni della mia carriera per quella italiana. Più tardi ho avuto l’onore di lavorare con atleti nella nazionale slovena e di essere per un breve periodo allenatrice della nazionale juniores svizzera. Ho avuto l’opportunità di visitare numerosi paesi anche se il World Tour attuale ne comprende ancora di più. Hai qualche ricordo particolare che ti è caro legato alla preparazione agonistica ? Ho tanti ricordi belli legato agli stages che ho fatto. Dagli primi stages internazionali dove all’età di 14 e 15 anni siamo partite per la Francia in treno con mia sorella e siamo stati accolti da allenatori di altre squadre, agli stages die Rauris e Mittersill in Austria dove ci sparavamo due allenamenti giornalieri di randori e passavamo i pomeriggi sulle piste da sci, agli stages con la nazionale, in Europa ma anche in Giappone e a Cuba, speciali anche dal punto di vista culturale, agli stages di Montegrimano, dove il judo non era limitato solo all’aspetto agonistico. Ma fondamentalmente mi piaceva tantissimo allenarmi, uguale se a casa o fuori, e la sensazione di stanchezza del dopo allenamento è sicuramente una delle cose che mi è mancato di più quando ho finito la mia carriera agonistica Sei stata bronzo olimpico, podio mondiale ed europeo, a quale vittoria sei maggiormente legata ? Delle mie "vittorie" una di quelle che mi rimane più nel cuore e il campionato di Europa vinto nel 1995. Ero lucidissima in finale. La mia avversaria mi aveva fatto cadere in Tani-otoshi e stavo perdendo. Avevo sentito il movimento però e sapevo cos’avrei fatto se ci riprovava. Eravamo già nell’ultimo minuto quando finalmente mi ha voluto rifare Tani-otoshi, e ho potuto contrattaccare con O-uchi-gari: ippon divenendo così campionessa d’Europa! L’altra è quella dei giochi Olimpici ad Atlanta nel 1996. Avevo fatto una leva a terra e la mia avversaria aveva battuto, ma siccome era pancia a terra e batteva sulla mia gamba, l’arbitro non l’aveva visto. Io però avevo già allentato la presa ed era riuscita così a svincolarsi. Sono riuscita però a ritornare al controllo, questa volta in piena vista dell’arbitro, ma adesso non voleva più battere. Invece di battere ha urlato per il dolore e l’arbitro ha dato ippon. Lei dopo faceva segno di protesta, dicendo di non aver battuto, e mi ricordo di averle detto, puntando il dito "tu hai battuto, quindì hai perso“. Come giudichi oggi il judo agonistico ? Da allora il judo ha subito diversi cambiamenti: hanno tolto prima il Koka e poi anche il Yuko(ndr. due vantaggi minori rispetto al waza-ari), non si possono più prendere le gambe, le penalità sono state ridefinite più volte. Nella mia opinione le regole arbitrali attuali non favoriscono un bel judo, spesso sono gli arbitri e non i judoka che decidono l’esito di un incontro. È un peccato, ma continuo ad investire nel judo e nelle soluzioni tecniche che richiedono tempo per l’apprendimento, nella speranza che arriverà il momento in cui sarà di nuovo il judo che verrà premiato in gara. Il judo ti ha lasciato qualcosa ? Il judo mi ha dato tanto nella mia vita. L’autostima e il senso di competenza da bambina, delle opportunità di vedere il mondo e di vivere altre culture, una famiglia internazionale che mi ha permesso di sentirmi subito a mio agio in paesi nuovi. Nel judo ho conosciuto mio marito e tanti altri amici. Ancora oggi mi rimane il piacere di imparare, praticare ed insegnare, un piacere che penso mi rimarrà per sempre. Grazie Jenny. Il tuo impegno sui tatami è sempre stato esemplare, così come il tuo modo di essere educata, rispettosa ed attenta a tutto. Ritrovarti dopo diversi anni è stato un piacere. Parlare di judo con chi ha ottenuto un podio olimpico, mondiale ed europeo non è un'occasione da poco. |