Nr.4 / 30 maggio 2021

TICINO DOJO JOHO

Notizie e approfondimenti sul JUDO, a cura dell’ATJB

In questo numero vi proponiamo una riflessione sul senso della "cintura nera", qualche impressione di chi - in un anno particolare - a Pasqua ha partecipato allo stage di Fiesch e qualche pensiero sul "tandoku-renshu".

Iniziamo inoltre una rubrica, con cadenza mensile, dedicata ai "protagonisti della storia del judo". Il numero odierno si completa con qualche valutazione sui prossimi campionati del mondo in programma dal 6 giugno a Budapest.

 

Chi avesse contributi da pubblicare in TICINO DOJO JOHO è invitato a trasmetterli al coordinatore del progetto (e-mail: mbfrigerio@bluewin.ch).


Indice del quarto numero:

  1. La "cintura nera" – Marco Frigerio
  2. Qualche impressione dallo stage di Fiesch – Fabio Ciceri
  3. "Tandoku renshu" – Mattia Frigerio
  4. Protagonisti della storia del judo: Sakujiro Yokayama – Marco Frigerio
  5. I campionati del mondo 2021 – Marco Frigerio

LA “CINTURA NERA”

La "cintura nera" è troppo spesso considerata il punto di arrivo nella carriera di un praticante. Capita frequentemente infatti di sentir dire ai genitori, che i loro figli "devono" continuare a praticare fino alla cintura nera.

Così però non è, né deve essere. Jigoro Kano - che per altro ha creato il sistema dei gradi solamente in un secondo tempo - non intendeva certo istituire un grado destinato a divenire l’ultimo obiettivo del praticante. Certo il "colore nero" ricorda i funerali, ma se il raggiungimento di tale grado costituisce il punto finale della carriera di un judoka, poco invero è stato appreso del senso e degli obiettivi della disciplina praticata.

 

Si diviene infatti judoka praticando, sul tatami e fuori tatami, approfondendo e ripetendo le tecniche, esercitandosi nel randori e nei kata, studiano la storia e la filosofia del judo, facendo in modo che il judo e i suoi principi ci caratterizzino sempre e comunque.

Nel luglio / agosto 1918 Jigoro Kano ebbe a scrivere un articolo (“Discorso sui tre livelli del Judo”) nel quale indicava che vi erano tre livelli di pratica: chi semplicemente pratica judo quale esercizio di attacco-difesa (“shobu-ho” o judo inferiore), chi pratica la disciplina alfine di ottenere un beneficio fisico e mentale ed acquisire il pieno dominio di sé (“renshin-ho” o judo medio) e chi invece pratica allo scopo di acquisire la capacità di impiegare - nel modo più efficace e al servizio della società - la capacità fisica e mentale appresa (“shushin-ho” o judo superiore).

Chiaramente il raggiungimento della terza fase è possibile unicamente passando per le precedenti.

Il terzo livello dovrebbe essere l’obiettivo finale del praticante, perché il judo non è solo uno sport e non è solo una serie di esercizi di attacco-difesa ma – rettamente praticato – costituisce una modalità di crescita personale unica che condiziona la propria vita e la propria maturazione.

 

 

La "cintura nera" costituisce il punto di partenza per un vero judoka.


QUALCHE IMPRESSIONE DALLO STAGE DI FIESCH

 

Due ragazze ticinesi, Greta Castellani (Judo Kwai Biasca) e Alice Orsi (Judo Club Vezia-Pregassona) hanno partecipato durante le vacanze di Pasqua allo stage Usagi organizzato dall'Associazione Sergei Judo Camp, in collaborazione con la Federazione Svizzera Judo a Fiesch (VS).

Si trattava del primo campo di allenamento di una settimana organizzato in Svizzera dopo molto tempo.

Eccovi alcune impressioni delle nostre giovani atlete, entrambe componenti della selezione cantonale U18, che ringraziamo per avere rappresentato il nostro cantone a questo stage.

 

1.   Quali sensazioni avete avuto nel frequentare uno stage dopo così tanto tempo?

 

Alice

All’inizio ero molto preoccupata: pensavo di non essere abbastanza allenata rispetto a tutti gli altri. Quando è iniziato lo stage però mi sentivo felice anche perché non facevo un campo o una gara da più di un anno. È bello poter tornare a fare ciò che ti piace. Mi sono anche divertita molto nel corso del campo. La stanchezza a fine settimana sicuramente si sentiva, se avessi la possibilità di rifarlo non esiterei a dire di si.

 

Greta

Sensazioni contrastanti, contenta di andare a fare judo fuori dal Ticino ma preoccupata che non sarei riuscita ad affrontare la settimana, voglia di scoprire a che livello fossi rispetto ai miei coetanei degli altri cantoni, timorosa che non fossi abbastanza all’altezza rispetto agli altri. Scoprire come eravamo tutti cambiati rispetto ad un anno fa, voglia in tutti i casi di confrontarmi e sciogliere questi dubbi e preoccupazioni.

 

 

2.   Per voi è stato importante questo stage? Perché?


Alice

Per me questo stage ha significato molto: mi ha dato la speranza che si possa riiniziare a fare qualcosa di concreto, incontrarsi con altre persone e poter condividere un momento diverso dalla realtà di tutti i giorni nonostante la pandemia.

 

Greta

Mi ha dato la possibilità di sbloccarmi, di ricomporre i miei obiettivi, di fare nuove esperienze e soprattutto avere nuove motivazioni uscendo dalle stesse abitudini dei “soliti” allenamenti con i soliti compagni. Poi anche di rivedere i miei avversari e soprattutto di riallacciare e fare nuove amicizie con ragazze e ragazzi che vedevo solo come avversari ogni tanto a qualche torneo. E, non da ultimo anche di confrontarmi ed esercitarmi nella lingua tedesca e francese, essendo solo due Ticinesi allo stage per poter comunicare con gli altri serviva buttarsi per non rimanere isolati anche se qualche compagno si è poi dimostrato abile anche in italiano. In fine anche potermi “staccare” da casa per aprirmi maggiormente la mente.

 

 

3.  Quali sono i momenti importanti / particolari che vi portate a casa dopo questa settimana?

 

Alice

Sicuramente i momenti che ho preferito sono stati quelli in cui si poteva fare randori con chiunque. Può sembrare banale, ma durante un periodo di pandemia come questo avere contatti con le persone senza mascherina fa strano. Era bello poter combattere senza mascherina e senza preoccupazioni particolari inerenti al covid. Ci sono stati altri momenti molto belli che ho passato furi dal tatami come per esempio le partite a carte la sera o i pasti in compagnia.

In generale non posso dire che ci sono delle cose che non mi sono piaciute. Ci sono cose che ho fatto meno volentieri di altre, ma nonostante questo è stata una bella settimana.

 

Greta

Sicuramente l’essermi sbloccata dai timori di non conoscere nessuno e non avere paura dei cambiamenti. Alcune nuove esperienze e tecniche hanno portato a nuove motivazioni e sicurezza nelle cose che già stavo allenando. Lo scoprire che vi erano molti altri compagni nella mia stessa condizione mi ha permesso di migliorare la sicurezza in me stessa in modo da poter lavorare con maggiore serenità. Uno stage di una settimana con allenamento da mattina a sera, quando non si ha da tempo sia la preparazione che il ritmo, mi ha fatto anche rendere conto che serve umiltà e resistenza come pure una preparazione mentale.

Rendermi conto che eravamo tutti uguali con obiettivi simili

All’inizio ero molto preoccupata sul fatto di non riuscire, poi di giorno in giorno riuscivo a trovare nuovi stimoli e guardare avanti. Se inizialmente ero preoccupata e non avrei più voluto farne un altro, più il tempo passava desideravo che non finisse ed ora non vedo l’ora di poterne fare altri!


Greta e Alice con il presidente della Federazone Svizzera di Judo Sergei Aschwander.


"TANDOKU RENSHU"

 

Jigoro Kano creò il judo non come semplice arte marziale o nuova disciplina sportiva. Il judo nasce come sistema educativo atto a migliorare corpo, spirito e mente di chi lo pratica. Di conseguenza, il judoka praticante può risultare utile nella società in cui vive dando l’esempio non in qualità di “superuomo”, ma di bravo individuo, gentile e rispettoso di tutto ciò che lo circonda. Un judoka deve essere una brezza leggera: non si tratta di “menare le mani” e nemmeno di mostrarsi invincibili. Si tratta di educazione, di buona educazione.

Un aspirante judoka aspira a educare corpo, spirito e mente in modo così da poter raggiungere un sano equilibrio interiore. Vi sono molti esercizi utili durante un allenamento di judo, ma a mio personalissimo parere nessuno incarna meglio la pratica dell’educazione come il tandoku renshu.

Il tandoku renshu (allenamento senza compagno) racchiude in sé l’essenza del gesto tecnico senza sottoporlo a un confronto con un compagno/avversario. È in quegli scampoli di movimento, di esecuzione e di ripetizione che il judoka si raffronta con il vero grande nemico, colui che potrebbe minare alla sua educazione: sé stesso, l’io egoista che soggiace in ognuno di noi.

Se praticato sin da bambini, il tandoku renshu permette di sviluppare una maggiore sensibilità del mondo del tatami. È una sequenza di gesti che trascende la semplice tecnica, va oltre e raggiunge uno stadio che potremmo definire “meditativo”. L’allievo ripete e impara a spostarsi correttamente sulla materassina, a spingere e a tirare con le braccia, è un’immersione nell’aria, un esercizio di pura e pratica concentrazione.

Può sembrare folle ed esagerato, ma ai bambini piace questo aspetto serioso. Si sentono grandi a praticare il tandoku renshu, si sentono piccoli samurai. La tradizione è molto più apprezzata di quanto si immagina, bisogna entusiasmare la fantasia dei ragazzi stimolandoli con sì esercizi innovativi, ma senza dimenticare i capisaldi della disciplina.

 

La buona esecuzione di una qualsiasi proiezione necessita di equilibrio, posizione e massima coordinazione. Tutte queste caratteristiche si acquisiscono nell'esercizio del "tandoku-renshu".


PROTAGONISTI DELLA STORIA DEL JUDO: Sakujiro Yokoyama

Il primo personaggio che viene ricordato in questa nuova rubrica è Sakujiro Yokoyama (1864/1912).

Yokoyama non era propriamente un allievo di Jigoro Kano ma un suo "quasi collega".

Quando nel 1886 si iscrisse al Kodokan, quale allievo nr.112, disponeva infatti già di un dploma di insegnante di ju-jutsu presso la Kito-ryu (una delle due scuole che lo stesso Kano aveva frequentato).

Era una persona imponente e irrascibile. È stato il primo ottavo dan della storia del judo (in vita secondo unicamente a Kano) e il direttore del Kodokan. Ha fornito un contributo essenziale nella formazione delle tecniche che compongono il judo.

Veniva soprannominato "oni" (demonio) per il suo carattere aggressivo. Il suo judo era particolarmente potente e fisico; ha partecipato quale combattente della formazione del Kodokan alla leggendaria sfida per l'insegnamento della polizia metropolitana di Tokyo del 1888.

Non era un personaggio tranquillo; contrariamente alle direttive di Kano beveva alcolici e aveva il vizio di partecipare ai combattimenti di strada.

Di lui si narra che, essendo stato aggredito in un ristorante da una dozzina di teppisti, ne ebbe la meglio rimediando però una sospensione dal Fondatore.

È stato l'autore di uno dei primi importanti studi sul judo "Judo Kyohan" pubblicato in Giappone l'8 maggo 1908, tradotto e pubblicato in Francia nel 1911, in Inghilterra nel 1915 e in Italia nel 2008.

Suo è il motto: "l'allievo di judo deve coltivare la mente; non deve mai abbassare la guardia; ma deve essere freddo e calmo, non deve avere la mente distratta; deve agire con la velocità del pensiero secondo le circostanze. Deve essere abile e coraggioso sia in attacco che in difesa".

 

Nel libro di Ernst Harrison (1873/1961), Lo spirito guerriero del Giappone, scritto negli anni che precedettero la Seconda guerra mondiale, l'autore - un giornalista britannico che praticò judo a Tokyo per diversi anni e che fu uno dei primi occidentali ad ottenere la cintura nera  - riferisce della sua amicizia con Yokoyama in questi termini: "ai miei tempi fu forse il più grande esponente del judo giapponese ... come molti praticanti di quest'arte Yokoyama in privato era la bontà in persona, anche se per obbedire alla sua missione aveva dovuto infliggere parecchi dolori ai suoi simili".

 

Yokoyama morì di cancro nel 1912.

 

"Persone giovani o vecchie, forti o deboli possono tranquillamente praticare judo, perché la pratica può essere variata a seconda dell'età e della costituzione fisica dei praticanti" (vedi Judo Kyohan in traduzione italiana a pag.49)


I CAMPIONATI DEL MONDO DI BUDAPEST

 

Dal 6 al 13 giugno 2021 a Budapest vengono organizzati i campionati del mondo.

In genere i campionati del mondo si combattono negli anni in cui non sono previsti i giochi olimpici. Nel 2020 infatti non si sono organizzati i mondiali essendo previste le olimpiadi che però – come è noto – a seguito della pandemia, sono state rinviate ed avranno luogo dal 23 luglio all’8 agosto 2021.

 

Ricordo che gli appassionati di judo hanno la possibilità di seguire gli eventi internazionali in streaming a partire dal sito della International Judo Federation (IJF).

Le competizioni si possono vedere in diretta ma è anche possibile "ricuperare" incontri già conclusi. Bisogna tuttavia registrarsi nel sito dell'IJF acquisendo così la possibilità di seguire quanto trasmesso.

 

Gli ultimi campionati del mondo sono stati combattuti nel 2019 a Tokyo; è usuale infatti che i mondiali che precedono l'anno olimpico si tengano là dove vi saranno i giochi.

Dei quindici titoli in palio - 7 categorie maschili, 7 categorie femminili e competizione per squadra mista (con formazioni composte da tre uomini e tre donne) - 5 medaglie d'oro (tra cui quella della competizione a squadre) sono andate al Giappone mentre 3 medaglie d'oro sono state vinte dalle judoka francesi.

 

All'edizione del 2021 non parteciperanno tutti i più forti judoka del momento, visto che i giochi olimpici non sono lontani e che, le nazioni più competitive, ne approfittano per mandare altri atleti meritevoli.

Il Giappone ad esempio, nella categoria -66 kg, ha selezionato Joshiro Maruyama (campione del mondo in carica che però non parteciperà ai giochi avendo perso lo scorso dicembre l'incontro decisivo per l'ottenimento della qualificazione). Sarà infatti Hifumi Abe (campione del mondo 2017 e 2018) a rappresentare il Giappone alle olimpiadi.

La sfida tra i due contendenti, trasmessa in diretta in streaming, ebbe a durare 24 minuti e si concluse con la vittoria di Abe che, in una fase di contraccolpo, riuscì a far cadere su di un fianco il rivale, ottenendo così la qualifica. Una volta sconfitto Maruyama si complimentò con il rivale e ringraziò tutti coloro gli avevano reso possibile il raggiungimento di un tale traguardo; dell'incontro disse solamente che gli era sembrato che il tutto si fosse svolto "in un battito di ciglia".

I due contendenti - indubbiamente grandi judoka - praticano un judo differente: Maruyaama è più tradizionalista (in ossequio alla sua scuola d'origine l'Università di Tenri), Abe pratica un judo moderno che poco si distingue per rapporto al judo europeo.

Un peccato che il regolamento dei giochi, per il judo, permetta la partecipazione a un solo combattente per nazione per categoria.

 

 

Joshiro Maruyama (1993/...) campione del mondo in carica

della categoria -66kg, non selezionato per i giochi olimpici,

cercherà di ottenere il suo secondo titolo

mondiale a Budapest.

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