LE STAGIONI DEL CILIEGIO (racconto inedito / capitolo 41) Quattro anni erano passati. Shiro e Noriko frequentavano oramai l’ultimo anno di liceo a Kumamoto, nessuno dei due aveva optato per un trasferimento. Rimanere nella scuola in cui erano cresciuti e vivere in famiglia era per entrambi risultato sufficiente; non sarebbero divenuti judoka professionisti anche se di ore sul tatami ne avevano passate parecchie. Momenti belli si erano alternati a momenti difficili, Shinnosuke aveva sofferto in particolare per le discussioni avute con Aki e i suoi famigliari. Il titolo di campionessa del Giappone, vinto a Hiroshima, aveva cambiato la ragazza che, spinta dai genitori, si era ritrovata con delle aspettative che purtroppo per lei non si erano realizzate. Aveva allora deciso di lasciare il dojo di Kumamoto trasferendosi in un’altra scuola. Shinnosuke non era riuscito a farle comprendere che non tutti riescono a diventare dei campioni e che nella vita si vince e si perde. “Purtroppo quando intervengono i genitori i rapporti con i ragazzi si complicano e la conclusione spesso è la separazione” aveva concluso mestamente Shinnosuke. Quella domenica era previsto l’esame di sesto dan di Shinnosuke al Kodokan di Tokyo. Il giovedì precedente la famiglia aveva preso il treno a Kumamoto e, dopo un viaggio di quasi 1'200 chilometri, era giunta nella capitale. Erano stati ospitati da Saito, l’allenatore della nazionale ora in pensione. Avevano così avuto l’accesso ad un tatami per un’ultima prova generale. Shinnosuke aveva sempre pensato che il grado non fosse essenziale. “Quello che conta” ripeteva sovente “è la conoscenza che un judoka ha acquisito e la sua voglia di approfondire, non certo il colore della cintura”. Malgrado ciò, dato che non apprezzava particolarmente il fatto di apparire inferiore rispetto ad altri, che disponevano di minori conoscenze, si era sempre dato da fare presentandosi puntualmente agli esami. In un’occasione aveva rifiutato la proposta di ricevere un “dan onorifico”, di tali regali aveva una opinione negativa. “Se vi è un esame da superare per ottenere un traguardo lo si affronta preparandosi di conseguenza” amava ripetere. Saito lo conosceva bene e non aveva dubbi circa la serietà con cui si era preparato. Il “Koshiki-no-kata” - tema principale dell’esame - era una forma ostica, Jigoro Kano l’aveva ripresa da una delle due scuole di ju-jutsu che aveva frequentato: la scuola di Kito. Chi lo praticava doveva immaginarsi di eseguire le ventuno tecniche del kata come se indossasse un’armatura, i movimenti e le cadute erano condizionate fortemente da tale aspetto. Un problema pratico, legato allo studio dei kata, era da sempre la necessità di disporre di un uke di riferimento con il quale potersi allenare regolarmente. Shinnosuke aveva risolto coinvolgendo i due figli. I ragazzi oramai diciannovenni - detentori della cintura nera - avevano una struttura da adulto, praticavano judo sin dall’età dei tre anni e conoscevano i principali kata del judo. Studiare insieme al padre il “Koshiki-no-kata” era stato per tutti un’ulteriore occasione di approfondimento. Uke, all’esame, avrebbe dovuto essere Shiro che fisicamente era oramai simile al padre, purtroppo - il martedì precedente - Shiro si era stortato una caviglia. Nulla di grave ma, all’ultimo momento, ad uke era stata promossa Noriko. Per fortuna entrambi i figli avevano studiato intensamente il kata nei sei mesi di preparazione. La sostituzione era dunque possibile anche se, Shinnosuke era certo, non sarebbe stata particolarmente apprezzata dagli esaminatori visto che una coppia mista, sia pur formata da padre e figlia, stonava con la tradizione. Emozionata ma concentrata Noriko funse quindi da uke all’esame di sesto dan del padre. Il kata venne presentato in modo corretto: né Shinnosuke, né Noriko commisero errori. Dopo avere superato con successo anche la parte tecnica richiesta per il nuovo grado, il presidente del Kodokan Haruki Uemura complimentò Shinnosuke dicendo “è stato un piacere vedere due generazioni di judoka esibirsi insieme in armonia. Si nota che avete studiato parecchio, fare proprio lo spirito del “Koshiki-no-kata” è tutt’altro che scontato”. Fu così che Shinnosuke, all’età di cinquant’anni, divenne sesto dan e fu autorizzato ad indossare la cintura bianca e rossa. Saito fu il primo a festeggiarlo dicendogli “Te lo sei ben meritato. È sempre stato un piacere avere a che fare con un combattente realmente interessato ad approfondire le varie sfaccettature del judo. Non è affatto scontato; troppo spesso gli agonisti smettono di praticare appena è terminato il periodo naturale di competizione o peggio competono ancora, ad una età in cui ben altro dovrebbe essere il loro apporto al judo.” Kaori, Shiro e Noriko regalarono a Shinnosuke una copia di prima edizione del libro di Jigoro Kano “Judo Kyohon” una raccolta dei principali scritti del Fondatore. Sul treno, mentre erano in fase di rientro, Shinnosuke aprì a caso il libro. L’articolo che gli si presentò era il famoso “Discorso sui tre livelli”, pubblicato nella rivista Judo nel luglio 1918. In poche parole, il Fondatore vi aveva riassunto il fine ultimo del judo: crescita fisica e mentale da utilizzare per una finalità sociale positiva. Riflettendo sulla propria vita Shinnosuke si rivide, giovane praticante, intento a crescere fisicamente e mentalmente, e adulto maturo - pronto a restituire quanto appreso e a contribuire alla crescita di altre generazioni - senza falsa modestia era convinto di avere seguito in pieno i dettami di Kano. “Soffia il vento le farfalle affrettano il loro volo" Continua.... I capitoli da 1 a 15 (vedi TDJ 24/38) costituiscono la prima parte del racconto: La primavera ("Haru"). I capitoli dal 16 al 30 (vedi TDJ 39/53) costituiscono la seconda parte del racconto: L'estate ("Natsu"). Con Il capitolo 31 è iniziata la pubblicazione della terza parte del racconto: L'autunno ("Aki").
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