LE STAGIONI DEL CILIEGIO (racconto inedito / capitolo 22) Shinnosuke era divenuto da qualche mese il responsabile dell’insegnamento di judo alle medie di Kumamoto. Disponeva di ampia libertà d’azione e di una struttura ideale. Il dojo era in legno, le due sale di allenamento erano ampie, ben arieggiate e luminose. La pratica sui tatami deposti sopra la caratteristica sottostruttura, destinata a creare una certa elasticità, era indubbiamente piacevole. Le docce e la vasca d’acqua calda, destinata a garantire l’immediato recupero muscolare, erano moderne e funzionali: non avrebbe potuto desiderare di meglio. Con il passare delle settimane tuttavia, aveva iniziato a rendersi conto che l’insegnamento non era un’attività scontata e che non tutti gli allievi salivano in materassina interessati a quanto avrebbe loro spiegato. Un discreto numero di giovani tendeva infatti a creare confusione e, anche quando si dimostravano più interessati, la ripetizione delle tecniche diventava un esercizio troppo difficile. Dopo qualche ripetizione, gli allievi smettevano di esercitarsi annoiati, alla ricerca di nuove spiegazioni. Non comprendevano che l’unico modo per comprendere adeguatamente il gesto tecnico era quello di ripetere. Quando serviva, Shinnosuke li riprendeva indicando che: “La ripetizione permette di assimilare e di rendere automatici i movimenti del judo”. Era cosciente tuttavia che chi praticava non si lasciava convincere molto facilmente. Il judo a Kumamoto, negli anni, era divenuto un sorta di attività ludica, agonisti di livello non ve ne erano e chi praticava non era pronto ad assumere un impegno maggiore. Di tale situazione Shinnosuke aveva avuto modo di discutere con Kaori. “I tempi sono cambiati, devi tenerne conto” gli diceva spesso la moglie “la nostra generazione è stata probabilmente l’ultima a interpretare la pratica del judo come una scuola di vita. Oggi è differente, anche da noi i praticanti sono però diminuiti e la percentuale di chi si interessa alle competizioni è piuttosto scarsa.” Riflettendo insieme a Kaori Shinnosuke era arrivato a chiedersi cosa sarebbe stato di loro se non avessero scelto di praticare intensamente il judo. “La vita apre molte strade, quando ne imbocchi una rinunci alle altre” gli ricordava sempre Kaori. Un mattino percorrendo la via dei ciliegi che conduceva alla scuola Shinnosuke, pur pensieroso per la situazione e alla ricerca di spunti per la prossima lezione, si accorse che nel campo adiacente l’ultimo tratto vi erano dei ragazzini che si stavano azzuffando. Guardando meglio si rese conto che tre ragazzi più grandicelli avevano circondato un ragazzino più piccolo e lo stavano verosimilmente apostrofando con termini duri e volgari. Il ragazzino però, tutt’altro che spaurito, rispondeva a tono e non sembrava per nulla né intimorito né sottomesso. Sentendosi in dovere di intervenire, Shinnosuke chiese cosa stesse accadendo. Naturalmente non vi furono spiegazioni e immediatamente il gruppo dei tre grandi si dileguò lasciando Shinnosuke con il più piccolo. “Come ti chiami” chiese l’insegnante. “Jigoro” rispose il ragazzino. “Bel nome, ti aspetto ai corsi di judo appena inizierai le medie. Il judo insegna a difendersi e ad acquisire fiducia in sé stessi”. “Ci penserò” gli gridò il ragazzino mentre, correndo, si dirigeva verso la scuola. Shinnosukle proseguì il suo cammino e quel giorno, durante le lezioni che ebbe modo di impartire, gli sembrò di essere riuscito a coinvolgere meglio gli allievi. Avere incontrato un “Jigoro” poteva essere un segno del destino ! Continua.... I primi 15 capitoli (vedi TDJ 24/38) costituiscono la prima parte del racconto: La primavera. A partire dal capitolo 16 (vedi TDJ 39) è iniziata la pubblicazione della seconda parte del racconto: L'estate. L'immagine è di Ottavia Amoruso Battista.
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