Nr.15 / 15 novembre 2021

TICINO DOJO JOHO

Notizie e approfondimenti sul JUDO, a cura dell’ATJB

In questo numero troviamo la presentazione delle finali nazionali del 27 e 28 novembre e un'intervista al già presidente della FSJ Roberto Pirola. Inoltre Romolo Fibbioli (primo judoka ticinese ad avere superato gli esami tecnici per l'ottenimento della cintura bianca e rossa), ci propone qualche pensiero su judo e socialità, Mattia Frigerio ci regala un secondo racconto inedito intitolato "l'arte della cedevolezza" e Manrico Frigerio riflette sul valore della sincerità. La festa di autunno del DYK Chiasso ci ricorda infine che le singole associazioni sono attive non solamente sui tatami.

 

Chi avesse contributi da pubblicare in TICINO DOJO JOHO è invitato a trasmetterli al coordinatore del progetto (e-mail: mbfrigerio@bluewin.ch).


Indice del quindicesimo numero:

  1. Le finali nazionali 2021 - Marco Frigerio
  2. Il judo nella vita sociale - Romolo Fibbioli
  3. L'arte della cedevolezza (racconto inedito) - Mattia Frigerio
  4. La festa di autunno del DYK Chiasso - Marco Frigerio
  5. Il codice morale del judoka: la sincerità - Manrico Frigerio
  6. Intervista a Roberto Pirola - Marco Frigerio

LE FINALI NAZIONALI 2021

Sabato 27 e domenica 28 novembre si disputeranno a Bienne le finali individuali 2021.

L'ultima edizione risale al 2019 e venne combattuta a Macolin (vedi fotografia che segue); nel 2020 le finali erano previste al Palapenz di Chiasso, purtroppo la pandemia ha reso ciò impossibile.

L'edizione 2021 sarà particolare in quanto le qualifiche si sono svolte in modo inusuale, stante le restrizioni alla pratica della disciplina e i pochi tornei previsti nel periodo.

Il Ticino sarà comunque ben rappresentato.

Sono in particolare attesi tra gli elite Angelo Melera (-73 kg), Michele Citriniti (+ 100 kg), Nice Ceresa (-52 kg) - che punterà al podio in una categoria impegnativa - e Camilla Gambetta (-70 kg).

Negli juniores (U21) occhi puntati su Martin Motta, Mirto Regazzoni e Giorgio Gada (-81 kg), Christian Edouard (-90 kg), nonché Samuela Cechina (-57 kg) e Giulia Cambianica (-70 kg) che combatterà anche negli elite.

Tra i cadetti (U18) saranno da seguire Loris Perosa, Niccolò Monté Rizzi, Antonio Niceta e Kai Bürgisser  (-81 kg), nonché Aurora Civatti (-48 kg) e Emilie Foresti (-52 kg) - che combatteranno anche nelle juniores - Greta Castellani, Lia Marcionetti e Alice Orsi (-57 kg).

 

Diversi combattenti elite, che hanno partecipato alla edizione 2019, non saranno della partita Manrico Frigerio, ha concluso la propria carriera agonistica, Luca Wyler, Lorenzo Corno e Andrea Collovà - per motivazioni e impegni diversi - non saranno presenti a Bienne.

Il judo non è solamente agonismo.

Per un giovane tuttavia le emozioni e le sfide che la massima competizione nazionale comporta sono un passaggio importante nella propria formazione e maturazione.

Gestire la gioia per il successo e la delusione per la sconfitta, che fanno parte della vita, è quanto i judoka apprendono "senza drammi o inutili esaltazioni".

 

In bocca al lupo quindi a chi, sui tatami di Bienne, difenderà i colori cantonali, e un grazie anticipato a coloro che - a bordo materassina - rendono ciò possibile dedicando al judo buona parte del loro tempo libero.


IL JUDO NELLA VITA SOCIALE

Alcuni purtroppo credono che la disciplina dello judo insegni l’arroganza, quest’idea scaturisce da una profonda disinformazione sulla realtà. Il judo non è violenza, ma controllo della violenza; non è conflitto, ma amicizia. Il judo può dare un grosso contributo sociale anche nell’educazione di persone disabili o disadattate. È una disciplina utile ed efficace tanto per l’educazione fisica quanto per l’educazione morale e intellettuale, ma resterà sempre incompleta se non condurrà ad una applicazione vera nella vita pratica.

 

  1. Il lavoro: se il principio judo nella scuola significa osservare il proprio dovere di studente, il judo nella quotidianità è compiere il proprio dovere come cittadino, naturalmente impiegando nel modo più efficace la forza mentale e fisica, rendendosi utili per la società stessa. Stabilito che il nostro scopo è quello di contribuire alle necessità comuni, ogni individuo dovrebbe soffermarsi a riflettere sul come farlo “Dare il massimo, secondo le proprie capacità”. Per questo motivo alla scelta di un mestiere ognuno è tenuto a riflettere sulla propria indole, prendendo in considerazione i propri punti di forza, i pregi, le inclinazioni e i difetti.
  2. Il tempo: la vera educazione non è quella ricevuta passivamente, ma quella che fa uso della volontà, sempre con un costante allenamento di esercitazione. Se si vuole avere successo nella vita in generale l’elemento principale è la diligenza. La prima cosa da fare è meditare sulla preziosità del tempo e  sullo spreco di energia. Naturalmente lavorare senza sosta non è possibile, dobbiamo nutrirci e riposarci ma non sprecare tempo.
  3. Gli errori: la consapevolezza degli errori è senza dubbio meritevole, ma l’atto stesso di piangere sul latte versato è vano e inutile se non trova riscontro nella ferma volontà di non ricaderci e pensare come riparare la colpa commessa. Si dice che fuggire dalle proprie responsabilità è un atto di disonestà  e codardia. L’onestà è un’agente di pulizia per la mente e la coscienza, ma il coraggio la vera forza motivante.
  4. I lamenti: lamentarsi non giova mai, né a sé né al prossimo. Conviene impiegare il tempo in maniera più costruttiva, facendo ciò che è necessario per eliminare le cause del malcontento. Secondo Jigoro Kano un buon judoka deve avere la capacità di controllare i propri sentimenti.
  5. L’ira: chi ha compreso il significato del Judo non si lascia trascinare facilmente dall’ira poiché essa, essendo manifestazione di un animo disordinato in cui subentra l’emotività al posto della ragione, non procura utilità, ma piuttosto perdita di energia.
  6. Le discussioni: quando veniamo affrontati da un avversario contrattaccare apertamente non fa che accrescere l’ira e di conseguenza perdere la ragione. L’altro, offuscato dal suo pensiero, insisterà ostinatamente nella sua opinione anche se si accorgesse di aver torto; se invece di rispondere ci limitassimo ad ascoltarlo con calma e lo lasciassimo sfogare, potremmo ottenere l’ammissione del suo torto, risolvendo un possibile scontro con un attimo di condivisione.
  7. Il vestire: i principi del judo ci invitano ad avere cura, oltre che di sé stessi, anche degli abiti che indossiamo, ci insegnano a non essere trasandati e trascurati, questo atteggiamento in poco tempo ci ridurrebbe in uno stato deplorevole.
  8. Il denaro: è la trasformazione dell’energia. Per spenderlo va osservato lo stesso ragionamento di “Miglior impiego dell’energia”. Non bisogna spendere più di quello che si guadagna, e nel caso in cui dovessero migliorare le nostre condizioni economiche, bisognerebbe impiegare l’eccedenza per cose utili (salute, perfezionamento ecc.).
  9. Il cibo: anche se necessario per la funzione nutritiva deve essere ingerito in quantità adeguate e razionali. Il troppo cibo fa male anche se l’attività motoria è intensa; un’alimentazione insufficiente o incompleta procura debolezza.

Se nella vita di ogni giorno sappiamo utilizzare l’energia nella maniera giusta non c’è spreco. Basta guardarci attorno per renderci conto di quanto “spreco” produciamo ogni giorno, con un effetto dannoso.

La vita ci è donata perché noi ne facciamo il miglior uso, l’essere umano non è nato per vegetare o oziare. Credo sia il desiderio di tutti fare del bene e diventare uomini migliori. Guardando da vicino ci accorgiamo che non tutti gli uomini meritevoli hanno saputo impiegare l’energia in modo efficace, cadendo nella pigrizia, nella superbia.

 

Chi in cento battaglie riporta cento vittorie, non è il più abile in assoluto. Chi non da nemmeno battaglia, e sottomette le truppe dell’avversario, è il più abile in assoluto” (da L'arte della guerra di Sun Tzu).

 


L'ARTE DELLA CEDEVOLEZZA (racconto inedito)

 

In una terra orientale antica e magica ci fu un tempo dove la spada calava con forza e senza pietà su chiunque non fosse in grado di difendersi. Grandi uomini rivestiti di corazze piastrate d’acciaio e infuse di rabbia e prepotenza, marciavano per le lande e i villaggi radendo al suolo e bruciando case e fattorie. Solo le mura delle grandi città riuscivano a tenerli lontani.

Questi prepotenti venivano da remote terre d’occidente e si facevano portavoce di una dottrina basata sulla forza fisica, l’arroganza e la prepotenza. “Conta solo la forza!”. Era questo quello che urlavano ai quattro venti. Il regno era nel panico.

Un giorno, una giovane ragazzina decise di uscire dalle mura cittadine ben conscia del pericolo che correva. Tuttavia, non poteva fare altrimenti: sua madre era terribilmente malata e soltanto le proprietà benefiche di un’erba miracolosa avrebbero potuto alleviare quel tormento. Vani furono i tentativi dei suoi fratelli nel trattenerla. Una notte dove la luna risplendeva lucente sgattaiolò oltre i cancelli entrando nel territorio conquistato dai prepotenti. S’inoltrò nella grande foresta di bambù seguendo il corso del fiume sino a raggiungerne la fonte sulla cima dell’alto monte. Con leggerezza superò ogni ostacolo poiché era silenziosa come l’ombra di un addormentato.

Soffiava un vento furioso tanto che in più di un’occasione rischiò di perdere l’equilibrio; tuttavia, resistette perché la sua motivazione era forte e salda. Raggiunta la cima del monte, prese a cercare l’erbetta medica. La trovò e mentre la raccoglieva una volpe argentata sbucò dal nulla andandole incontro. «Cosa ci fai qui fuori? I prepotenti sono ovunque, per quale motivo rischi la vita?» le chiese la volpe. «Mia madre è malata, non può resistere senza queste piantine» rispose la ragazzina. «Ma è pericoloso!» «Qualcuno deve pur farlo.» «E non hai paura? Se quelli ti acchiappano ti fanno a pezzi! Come ti difenderai?» «Il coraggio è la mia miglior difesa.»

La volpe rimase impressionata da quelle parole. «Voglio darti un consiglio. Vedi quell’usignolo in preda al vento?» disse indicando con il muso l’azzurro del cielo. La ragazzina levò lo sguardo. «Nonostante la tempesta incomba, lui non le si oppone ma cede lasciandosi accompagnare, sfruttando così la forza della corrente. Ecco, io ho osservato i prepotenti: credo che voi dobbiate affrontarli con la consapevolezza che sì sono più forti, ma sarà proprio la loro stessa forza a garantire la vostra vittoria.» La ragazzina sgranò gli occhi: «Quello che dici sembra saggio, tuttavia non riesco a capirti.» Allora la volpe soffiò parole fatate e i misteri del principio della cedevolezza pervasero corpo, spirito e mente della ragazzina. «Torna alla tua città e soffia le stesse parole al primo comandante. Lui saprà cosa fare.»

Così la ragazzina rientrò in città, consegnò le erbe medicinali ai fratelli e a passi svelti si recò alla caserma per parlare con il primo comandante. I soldati la lasciarono passare poiché nei suoi occhi brillava una determinazione irresistibile. Davanti al primo comandante, la ragazzina soffiò le stesse parole fatate della volpe. Il militare comprese bene quello che doveva fare e prese ad insegnare la dottrina della cedevolezza non solo ai soldati, ma a tutta la popolazione cittadina. Ci vollero anni di allenamenti e anni di battaglie, ma infine la cedevolezza prevalse sulla forza e i prepotenti vennero scacciati.

 

Mattia Frigerio è autore di quattro libri di avventura fantasy (La saga del Reame senza corona e Il pugnale del re) e della raccolta di poesie "Essere al presente" recentemente pubblicata nella rivista culturale "Cenobio" II / 2021.


LA FESTA D'AUTUNNO DEL DYK CHIASSO

Ogni associazione sportiva ha le proprie manifestazioni sociali; trattasi in genere di eventi che coinvolgono i praticanti e i genitori. Far conoscere il judo non è impresa da poco, la diffidenza verso gli sport di combattimento, soprattutto in questa fase, è piuttosto naturale.

 

Sabato 23 ottobre al dojo di via Cattaneo 10 a Chiasso è stata organizzata la Festa d'autunno 2021. Ai soci e agli accompagnatori sono state offerte le caldarroste preparate, come da tradizione, da Enrico Cappelletti. È poi stata scattata la fotografia del calendario DYK 2022 che costituirà il regalo di Natale per i soci. Novanta judoka (tra praticanti e staff) non hanno mancato l'appuntamento con il tradizionale ritratto, sotto un bel sole autunnale.

Nella sala B della struttura si è poi tenuta la conferenza di Marco Frigerio dal titolo "due chiacchiere sul judo" destinata ai nuovi iscritti e ai genitori. I temi trattati sono stati: cosa è il judo (la disciplina marziale più diffusa al mondo, uno sport olimpico dal 1964 e soprattutto un metodo educativo), quale l'importanza della competezione per un giovane, quali i ruoli rispettivi di associazione sportiva / genitori / praticanti e quale rapporto vi è tra "judo e bullismo".

Frigerio ha tra l'altro ricordato come il judo nasce proprio quale reazione al bullismo di cui il Fondatore (mingherlino e oggetto di "scherzi" da parte dei compagni di scuola) era vittima. Rinforzarsi a livello fisico, caratteriale e morale è quanto il judo propone alfine di accrescere la fiducia in sé stessi e l'autostima. Il judo ha un effetto positivo su chi rischia di essere vittima di bullismo ma anche sui "bulli" ai quale cerca di insegnare il rispetto dei compagni imponendo la collaborazione.

 

Buona la partecipazione all'evento che, si spera, ha permesso di fugare eventuali dubbi sulla vera natura educativa della disciplina. Un vero judoka non sarà mai un bullo perché, avendo imparato a comportarsi, è consapevole del proprio valore e non ha alcun bisogno di dimostrarlo.

In linea con il valore proposto nel "world judo day" (28 ottobre 2021): la "SOLIDARIETA`", durante l'evento si è anche proceduto a raccogliere del cibo da destinare agli utenti del Tavolino Magico di Chiasso. Perché un judoka non è tale solamente sul tatami. Grazie a tutti coloro che hanno partecipato alla raccolta !


IL CODICE MORALE DEL JUDOKA: la sincerità

 

La virtù a cui facciamo riferimento in questo articolo è la sincerità, in giapponese “makoto”.

Questo principio morale è strettamente collegato con la modestia (vedi TDJ nr.13) e con il coraggio che verrà approfondito in un prossimo articolo.

 

Il judoka durante lo studio della “via” incontra diversi ostacoli e difficoltà sia fisiche sia intellettuali e, per poter progredire, deve essere innanzitutto sincero con sé stesso nel riconoscere i propri limiti e, dove possibile, lavorare per migliorarli.

Essere sinceri con sé stessi è fondamentale nello studio del judo come nella vita, gli ipocriti che fingono di essere qualcun altro nel medio/lungo termine vengono sempre scoperti.

Nel judo, ci ricorda Emmanuel Charlot (redattore capo della rivista "L'esprit du judo") nel libro "Principes et fondaments", i "si ma ..." e "se avessi ..." non costituiscono mai una giustificazione.

 

La sincerità verso sé stessi ed i propri limiti non è tuttavia sufficiente. È fondamentale che un buon judoka, al fine della promozione di un gruppo composto da persone educate e colme di principi sani ed utili alla società, non taccia nel caso in cui osservi dei comportamenti che ritiene inadeguati. Un judoka deve riuscire ad esprimere - senza timore e senza maschere - il proprio pensiero e deve essere coraggioso nel rivolgersi direttamente, senza intermediari, ai soggetti interessati per segnalare il comportamento poco corretto e cercare insieme una soluzione attraverso il dialogo.

 

La via del judo richiede molta disciplina e chiarezza nelle relazioni sociali. Chi è più avanti nel cammino, è tenuto ad aiutare  i meno esperti. Intervenire con il cuore (senza fini propri) quando necessario, tenendo presente le aspettative dell’età e il livello di capacità del soggetto destinatario, è dimostrazione di sincerità.

 

Nel 2010 Alfredo Vismara, noto tecnico italiano tra i fondatori degli Amici del judo Italia, ha scritto la bella fiaba "Le avventure di Pinocchio. Nella terra del Sol Levante" con la quale ha messo in evidenza il senso vero della pratica del judo.

Pinocchio è da sempre, in letturatura, associato al valore della sincerità, anche perché quando diceva una bugia veniva subito scoperto dato che gli si allungava il naso.. peccato che ai judoka di oggi non capita lo stesso !

 

INTERVISTA A ROBERTO PIROLA

 

 

Roberto Pirola (classe 1961 - 1° dan judo) è stato, tra i ticinesi, uno degli agonisti di maggior successo (più volte campione svizzero e settimo classificato ai campionati d'Europa junior). Inoltre vanta una pluriennale esperienza di insegnamento ed è presidente onorario della FSJ che ha presieduto negli anni 1991/1997. Figlio di Osvaldo Pirola, fondatore e patron dello Shung-Do-Kwan Bellinzona (società che ha cessato l'attività nel 2020), ha praticato judo attivamente sino al 2010. 

Considerando il suo notevole curriculum abbiamo ritenuto interessante intervistarlo.

 


Quando e come hai iniziato a praticare judo ?

 

Mio padre praticava judo da diversi anni e all’età di 6 anni ho indossato il mio primo kimono. Sin dall’inizio mi è sempre piaciuto l’aspetto agonistico e ho iniziato con le prime gare verso i 9 anni. Nel 1973 mio padre ha fondato lo Shung-Do-Kwan Bellinzona e ho poi sempre alternato gli allenamenti in vista di gare con il ruolo d’insegnante.



Quali sono stati i tuoi maggiori successi agonistici ?

 

Se ben ricordo … “tempus fugit” … ho vinto otto titoli di campione ticinese e quattro titoli di campione svizzero. A livello internazionale con la nazionale ho vinto diversi tornei e ottenuto due settimi posti ai campionati europei. Al di là dei risultati ottenuti ho sempre creduto che un po’ come per la cintura, che serve prevalentemente ad allacciare il kimono, anche le medaglie e le coppe vinte hanno la loro importanza fino al momento in cui le ricevevi sul podio, poi restano le emozioni vissute e soprattutto il ricominciare, con umiltà e nel rispetto degli avversari, a prepararsi per i prossimi tornei.



Come si convive con un padre allenatore?

 

È certamente stato un vantaggio per i risultati agonistici ottenuti aver avuto un padre quale insegnante, esigente e determinato nel dare il meglio di sé. Un comportamento il suo, che ha poi anche permesso allo Shung-Do-Kwan Bellinzona di essere stato uno dei club con i migliori risultati agonistici nei suoi 47 anni di esistenza. Quando eravamo insieme sul tatami valeva la regola che un allenatore deve essere anche un educatore. Una giusta scuola di vita quando si è adolescenti. Con i suoi consigli ho imparato l’essenza del judo e gliene sono grato. Inoltre, il fatto che avessi sempre a disposizione un dojo con 120 m2 di tatami a due passi da casa ha favorito la programmazione della preparazione alle gare.

 


Che ricordi ti ha lasciato l’esperienza di presidente della Federazione Svizzera di judo ?


Nel mese di aprile del 1991, dopo due anni quale responsabile della comunicazione, accettai a 29 anni la proposta di riprendere la Presidenza della Federazione per due mandati di tre anni, in un momento di forte contestazione verso chi mi aveva preceduto, con una disorganizzazione assoluta a livello di segretariato nazionale e con gran parte dei funzionari ancorati al passato e quindi con una tendenza a favorire lo “status quo”. L’ultimo grande successo agonistico risaliva alle Olimpiadi vinte da Röthlisberger nel 1980 e il ju-jitsu aveva un ruolo marginale. Nei sei anni di presidenza è stato dato un nuovo indirizzo al judo agonistico, con i risultati ottenuti da Eric Born e in seguito con l’arrivo dalla Germania di un allenatore professionista (Leo Held), che ha permesso un cambio di rotta necessario che ancora oggi è percepibile. Mi occupai anche dell’evoluzione del settore ju-jitsu, con un aumento della sua attrattività e con ottimi risultati ottenuti a livello di competizioni internazionali. Sono stati anche anni d’intensa politica dello sport e i contatti internazionali con i dirigenti di altre Federazioni sono vivi ancor oggi. Fra i tanti momenti vissuti, ricordo in particolare l’incontro con il nipote di Jigoro Kano e l’amicizia con l’allora Presidente della Federazione internazionale di judo Luis Baguena.



Oggi, lontano dai tatami, ti capita di pensare ancora al judo?

 

Viaggio molto per la mia attività lavorativa e questo non mi permette più di allenarmi, ma i kimono sono sempre pronti, chissà … forse un giorno. Sono stato nominato Presidente d’onore della Federazione svizzera e seguo sempre con interesse l’evoluzione pur rimanendo “distante”. Credo che il ruolo di Presidente d’onore sia quello di eventualmente dirigere un’Assemblea straordinaria in una situazione – che non auguro – di crisi. Il silenzio è da sempre la prima forma di comunicazione e il rischio d’esprimersi sull’andamento della Federazione è quello di portare certo esperienza, ma anche riflessioni legate al passato che non sono compatibili con l’evoluzione, l’innovazione che dev’essere portata dalle nuove generazioni di funzionari della Federazione. In conclusione, i ricordi sono tanti, indelebili e l’esperienza mi è ancora oggi utile nella vita fuori dai tatami, si resta per sempre judoka anche nella vita.

 

Roberto Pirola oggi si occupa di comunicazioni. La sua crescita e la sua formazione sono state marcate dalla pratica del judo sia a livello agonistico, sia a livello gestionale, come ci racconta nell'intervista "si resta sempre judoka anche nella vita".

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