“Riprendiamo il racconto” disse Maruyama a Hifumi che invero non vedeva l’ora.
Scoprire che il suo maestro discendeva da un collaboratore diretto di Kano lo aveva entusiasmato. L’esercizio, ritenuto inizialmente “un poco spocchioso”, di lasciare dei ricordi personali da tramandare, aveva a questo punto assunto un’importanza vera.
La testimonianza diretta di un collaboratore è spesso determinante per comprendere il pensiero originale.
“Scrivi” ordinò Maruyama.
2.
Un episodio che mio padre Hiroshi era solito ripetere, era relativo al suo primo incontro con Jigoro Kano.
All’epoca aveva dieci anni ed abitava a Miyazu nel palazzo dei genitori con due sorelle più piccole.
Una sera d’autunno il padre Joshiro Maruyama lo convocò alla presenza degli adulti che, nella sala grande, stavano cenando.
Un signore sulla cinquantina, mai visto prima, sedeva sui tatami in tenuta occidentale: completo grigio, panciotto, camicia e cravatta. Aveva un aspetto serio e lo sguardo profondo, un paio di occhiali sopra baffi spioventi.
Joshiro aveva chiamato Hiroshi per presentarlo a Jigoro Kano, l’ospite della serata.
Kano lo aveva squadrato senza dimostrare un particolare interesse. Forse per cortesia lo aveva però interpellato domandando quale scuola frequentasse e quali fossero i suoi interessi.
Hiroshi, impaurito di fronte all’estraneo, non era riuscito a spiccicare parola.
Joshiro era quindi intervenuto indicando che il figlio era prossimo a terminare le scuole primarie e che, essendo uno dei migliori studenti a Miyazu, avrebbe avuto piacere di trasferirsi a Tokyo per frequentare le migliori scuole del paese. In cuor suo Joshiro sperava che Kano potesse ospitarlo nella propria scuola privata preparandolo così per le scuole superiori. Kano aveva compreso le aspirazioni del padre di Hiroshi, tuttavia, voleva capire quali fossero le reali aspirazioni del giovane. Aveva quindi insistito con Hiroshi, che infine era riuscito a rispondere indicando, a chi lo interpellava, che il suo sogno era divenire un giudice.
Kano, sorpreso, aveva risposto ricordando che ognuno nella vita deve trovare il proprio ruolo realizzandosi, compatibilmente con le proprie predisposizioni e le capacità che riesce ad acquisire. “Segui i tuoi sogni, fai il possibile per realizzarli, tieni però conto che non sempre i sogni si realizzano e che, a volte, è necessario prenderne atto e dirigersi verso un altro obiettivo, senza per questo recriminare”.
La cena fu un successo grazie anche al servizio perfettamente diretto dalla governante della casa, Okiko, la cui famiglia era da tempo immemorabile al servizio del Clan Maruyama.
In fine serata Kano accondiscese ad accogliere Hiroshi a Tokyo.
Fu così che mio padre, all’età di dodici anni lasciò definitivamente la famiglia e si trasferì nella capitale.
Alla Kano Juku[1] trascorse i successivi cinque anni.
Terminato di scrivere Hifumi si rivolse a Maruyama.
“Posso chiederle come mai Kano era stato invitato a cena a casa di suo nonno?”
“Mio nonno, Joshiro Maruyama, era un personaggio importante nella regione di Miyazu, aveva contatti e influenza politica che arrivano sino a Kyoto. Gli antenati di mio nonno erano stati figure di riferimento della comunità incaricate di risolvere le liti tra privati; da qui forse il sogno di mio padre di divenire un giudice.[2]
Mio nonno conosceva Kano in quanto aveva frequentato la Dai Nippon Butokukai prendendo parte alla conferenza del 1906, allorquando vennero definiti i primi tre kata denominati a torto i kata inferiori.[3]
D’altro canto, Kano era solito visitare le scuole che rientravano sotto la sua competenza professionale, per cui è possibile che l’occasione fosse stata data da una visita nella regione settentrionale della Prefettura di Kyoto.”
Hifumi ricordava bene che Kano non aveva mai tratto benefici e guadagni dal judo, che impropriamente poteva essere considerato il suo “hobby”. La professione del Fondatore era infatti quella di educatore.[4] Il judo era il mezzo per andare oltre e contribuire alla formazione di persone fisicamente forti, moralmente sani e socialmente utili. Più volte aveva sentito Takero Maruyama fare riferimento ai principi ed al senso della disciplina.
Ricordava anche che la Dai Nippon Butokukai, chiusa definitivamente a seguito della occupazione americana del dopo guerra, era la scuola ministeriale delle arti marziali con sede a Kyoto: una struttura parallela al Kodokan, nella quale vennero formati molti personaggi storici del judo e di altre arti marziali. La conferenza del 1906 aveva riunito gli insegnanti più noti delle scuole di ju-jutsu dell’epoca, alfine di definire dei programmi comuni, in particolare i tre kata inferiori. Jigoro Kano aveva diretto i lavori, tuttavia, vi erano stati interventi di altri maestri che avevano portato a ritoccare le proposte iniziali formulate dal Kodokan.
“Joshiro Maruyama era una personalità della scuola di Kito, che aveva frequentato sin dalla gioventù. Alla conferenza di Kyoto intervenne alfine di ampliare il kime-no-kata. In quel frangente discusse con Kano e gli altri maestri riuscendo a far rivedere la proposta originaria. Le tecniche del kime-no-kata vennero aumentate da 15 a 20” aggiunse Takero interrompendo le riflessioni di Hifumi.
“Si è fatto tardi, continueremo alla prossima occasione. Ti ringrazio per la tua attenzione e per l’interesse che stai dimostrando per il racconto. Sentirai che vita incredibile ha avuto mio padre.”
“Solo con il randori è difficile imparare la tecnica … chi è attirato dalla tematica espressiva, dalla manifestazione di sentimenti e pensieri, oppure dal fluire della natura, solo nel kata troverà la possibilità di esprimersi attraverso i movimenti degli arti e del corpo.”[5]
[1] La Kano Juku fu attiva dal 1882 al 1919. Era una scuola privata che intendeva assistere gli studenti. Kano era il proprietario e il primo responsabile, poteva tuttavia contare su diversi collaboratori in buona parte insegnanti di judo.
[2] Sotto il regime dello Shogunato Tokugawa (1603-1868) in Giappone non veniva incoraggiato il ricorso alle corti di giustizia, si preferiva che la gente comune risolvesse le proprie questioni rivolgendosi a figure di riferimento locali. La professione di avvocato era ritenuta addirittura immorale.
[3] Nage-no-kata (forme delle proiezioni), katame-no-kata (forme di controllo) e kime-no-kata (forme della decisione).
[4] Jigoro Kano aveva studiato i sistemi educativi europei durante il suo primo viaggio all’estero (settembre 1889/gennaio 1891), era poi divenuto consigliere del Ministero della cultura e successivamente rettore della scuola magistrale di formazione degli insegnanti a Tokyo (“Koto-Shihan-Gakko”)
[5] Kano, Funzione del randori e del kata, Judo (dicembre 1934).