LE STAGIONI DEL CILIEGIO (racconto inedito / capitolo 44) “Shinnosuke, la prossima settimana potrà iniziare il corso per adulti. Abbiamo avuto una bella rispondenza: più di venti genitori si sono annunciati. Veda di non far passar loro l’entusiasmo” disse il preside passando innanzi al dojo. “Non esiste solamente il judo agonistico, lo diceva spesso anche lei. Se lo ricorda? Ora ha l’occasione di dimostrarlo.” Shinnosuke rimase sorpreso. Non aveva sentito più nulla ed alcuni mesi erano trascorsi da quando Kenji aveva formulato quella che riteneva essere una nuova interessante sfida. Aveva continuato a riflettere in merito a come proporre il judo agli adulti ed aveva concluso che, in fondo, l’importante era trasmettere i principi della disciplina e insegnare i fondamentali. Equilibrio, squilibri, spostamenti dovrebbero essere noti ad un adulto, tuttavia, quando ci si cimenta con le tecniche di judo, ci si accorge che è “tutta un’altra storia”. “Il coordinamento non è un fatto naturale” aveva concluso. Considerando che, a quanto si diceva, Jigoro Kano aveva interrotto la pratica del randori attorno ai trentacinque anni Shinnosuke si era inoltre convinto che le cadute, per un adulto che avesse superato la quarantina, andavano apprese a tappe. Nella prima fase di insegnamento non sarebbe stato né opportuno né saggio insistere. Venne così il giorno della prima lezione. Kaori aveva chiesto espressamente di presenziare. “Per poterti consigliare devo poter vedere cosa capita e come reagiscono gli adulti. Non sono ragazzi abituati sin da bambini a praticare, sono persone mature che in breve si fanno la propria idea. Devi essere pronto a rendere variato e interessante il corso”. Fu così che Shinnosuke iniziò a insegnare agli adulti. La prima tecnica che decise di insegnare (guarda caso) fu osoto-gari, la grande falciata esterna, che tante soddisfazioni gli aveva procurato. Da fermo e in movimento i neo-judoisti si sforzarono di eseguire al meglio quanto proposto. Ci fu chi da subito eseguì correttamente i passi, dimenticandosi tuttavia la falciata, chi nell’avvicinamento a uke si scompose e chi (addirittura) confuse la gamba di equilibrio. “È come con i ragazzini” ebbe a osservare tra sé Kaori. “Bisogna essere attenti a tutto.” Appresi i rudimenti della prima tecnica non poteva mancare il randori, inteso quale esercizio in cui si cerca di portare l’attacco senza la collaborazione di uke. Per ridurre i rischi Shinnosuke aveva proposto l’esecuzione speciale in cui vi è alternativamente chi attacca e chi difende. La lezione in sé piacque ai più anche se Shinnosuke, durante il randori, dovette intervenire per spiegare a qualche allievo che non è la forza ad essere determinante, ma l’agilità e la scelta di tempo. Uscendo dai tatami vi fu chi ringraziò Shinnosuke dicendo “Non avrei mai detto che la pratica del judo potesse essere così piacevole. Guardando le competizioni internazionali sembrerebbe che l’uso brutale della forza sia essenziale.” Shinnosuke era felice. Il judo competitivo faceva parte del suo DNA, il judo proposto al corso adulti aveva un’altra impostazione e, probabilmente, era più vicino al pensiero del Fondatore. Kaori gli confermò che osservando i praticanti aveva notato grande impegno e un sincero entusiasmo. “In fondo Jigoro Kano non ha mai promosso le competizioni, se non in una forma interna al Kodokan. Nei suoi ultimi anni poi pare avesse indicato la sezione femminile quale esempio di “vero judo” e ciò è indubbiamente indicativo.” Entrambi sapevano bene che, all’epoca, non esisteva il judo agonistico per le donne e che la pratica proposta alle judoka si incentrava sullo studio dei kata, al fine di migliorare sé stesse, la propria capacità di concentrazione e il gesto tecnico. “Il tempo passa Shinnosuke e anche tu tra poco non avrai più l’età per insegnare agli agonisti. Non c’è nulla di più patetico in ambito sportivo di un anziano che non ha saputo adeguarsi al passare degli anni. Chissà che il “corso adulti” non ti permetta di rimanere in materassina e di raccogliere altrimenti le tue soddisfazioni” chiosò Kaori mentre, camminando a fianco del marito, percorreva la via dei ciliegi. D’un tratto a Shinnosuke sembrò di vedere Aki, la giovane allieva che, una volta vinto il campionato del Giappone tenutosi a Hiroshima, aveva lasciato il dojo. La ragazza lo guardò un istante prima di cambiare direzione e scomparire. Della giovane aveva appreso che, poco tempo dopo avere cambiato insegnante, aveva smesso la pratica del judo. La pressione a cui era stata sottoposta da parte dei genitori aveva sortito l’effetto nefasto di rendere il judo una sorta di dovere, tutt’altro che piacevole. “Nulla di peggio di genitori che si intromettono” aveva da tempo concluso Shinnosuke. “La convinzione deve essere propria. La pratica del judo deve procurare piacere e non solamente aspettative. Con gli agonisti il rischio che non comprendano nulla del messaggio di Kano è più che concreto.” Continua....
I capitoli da 1 a 15 (vedi TDJ 24/38) costituiscono la prima parte del racconto: La primavera ("Haru"). I capitoli dal 16 al 30 (vedi TDJ 39/53) costituiscono la seconda parte del racconto: L'estate ("Natsu"). Con Il capitolo 31 è iniziata la pubblicazione della terza parte del racconto: L'autunno ("Aki").
|